Spopolamento, povertà, emergenze: la risposta della politica? Due poltrone in più
- Novembre 21, 2025
In Calabria la realtà crolla a pezzi ma la politica continua a costruire poltrone.
È un paradosso che ormai non indigna più nessuno, quasi ci si fosse rassegnati. Interi paesi si svuotano, la sanità è un’emergenza permanente, il lavoro è un miraggio, i giovani emigrano come negli anni ’50. Ma il Consiglio regionale nella seduta fiume dell’altro giorno individua un’altra emergenza: allargare la giunta.
Aumentare le poltrone. Resuscitare perfino due sottosegretari aboliti quindici anni fa perché inutili e costosi.
La casa brucia e loro discutono su come ampliare il salotto.
E ci lavorano pure fino all’una di notte, come se fosse una missione salvifica. Per le loro carriere, sì. Per la Calabria un po’ meno.
La maggioranza di centrodestra ha infatti approvato la modifica dello Statuto regionale che porta gli assessori da 7 a 9 e introduce due sottosegretari alla Presidenza. Una riforma cucita su misura per soddisfare equilibri interni, ambizioni personali, tensioni tra correnti. Non certo per risolvere i problemi dei calabresi.
E non basta: hanno anche provveduto a blindare l’operazione, modificando le norme sul referendum in modo da impedire che la cittadinanza possa opporsi a singole modifiche statutarie. Una manovra perfetta: decidono, si votano la riforma, e si assicurano che il popolo non disturbi. Condita, come sempre, con la formuletta “invarianza finanziaria”. Una foglia di fico usata da anni per giustificare ogni espansione dell’apparato politico. Ma chi conosce la macchina regionale sa bene cosa significa: se aumentano incarichi e strutture di supporto, i soldi si trovano tagliando da altre parti. E guarda caso, non dal portafoglio della politica.
A pagare saranno servizi, uffici, supporti tecnici, magari progetti che avrebbero potuto fare davvero la differenza. Insomma: si sposta denaro pubblico da ciò che serve ai cittadini a ciò che serve a mantenere gli equilibri interni alla maggioranza.
Tutto questo mentre la Calabria affronta una delle peggiori crisi sociali degli ultimi decenni. Povertà in crescita. Tassi di occupazione indegni per un Paese europeo. Giovani che scappano. Comuni che si svuotano. Interi territori al collasso. E la Regione cosa fa? Si occupa di sé stessa. Si autoprotegge. Si espande. È un modo di fare politica che sembra non avere alcun contatto con la realtà. Un’autoreferenzialità talmente sfacciata da risultare quasi provocatoria. Perché mentre i calabresi fanno conti impossibili per arrivare a fine mese, mentre gli ospedali non riescono a garantire il minimo indispensabile e ogni giorno un ragazzo prepara una valigia per andarsene, il consiglio regionale discute di poltrone, strapuntini e sottosegretariati.
Non c’è nulla di più simbolico della distanza tra il Palazzo e la vita reale. La Calabria non aveva bisogno di due assessori in più. Non aveva bisogno di due sottosegretari. Non aveva bisogno di blindare lo Statuto.
Aveva bisogno di coraggio, visione, senso della realtà e senso della misura. Aveva bisogno di una classe dirigente che mettesse al centro la vita delle persone, non la carriera dei politici.
E invece si è scelto, ancora una volta, di essere classe dirigente solo di sé stessa.